Il modo in cui ci si veste si è profondamente modificato nel corso della storia dell’umanità. Agli inizi l’unica funzione di coprirsi il corpo era quella di proteggersi dal freddo e dalle intemperie, magari con pellicce e pelli di vario genere ottenute dagli animali di cui ci si cibava. Secolo dopo secolo, civiltà dopo civiltà, l’abbigliamento diventò gradualmente una questione sociale e culturale, fino all’avvento della Rivoluzione francese, che anche in questo senso segnò uno spartiacque.
Fino al ‘700 la moda, o meglio quella che oggi chiameremmo «alta moda», era prerogativa dei ceti nobiliari, delle corti e ovviamente delle famiglie reali, forti del periodo di assolutismo monarchico dal quale si giungeva. Non c’era spazio per stoffe ricamate, per tessuti sofisticati e per pelli pregiate al di fuori dall’alta società: un nobile non doveva solo essere ma anche apparire in una posizione più alta rispetto ai ceti più poveri.
Rivoluzione francese: Liberté, Égalité, Fraternité
Le fonti e le cronache del XIX secolo testimoniano di un cambio radicale nel pensare la moda e l’abbigliamento, in linea con il cambio di paradigma che la Rivoluzione francese aveva introdotto. Alla base c’era l’idea di uguaglianza, ovvero che tutti fossero uguali, con lo stesso valore, a prescindere dal contesto sociale in cui si erano trovati immersi.
Quello dell’uguaglianza era infatti uno dei tre pilastri promossi con tanta veemenza, e si tradusse anche nell’abbattimento delle differenze estetiche fra ceti sociali, o almeno ne ridusse drasticamente i connotati. Infatti, col tempo queste diversità si facevano più sottili, tanto che non c’era qualcosa che dividesse inequivocabilmente i ricchi dagli artigiani, ad esempio, almeno in fatto di moda. Chiaramente non era scomparso il vecchio paradigma estetico-cetuale, ma quel che è certo è che era e sarebbe diventato molto più debole.
In sostanza, i valori morali promossi con la Rivoluzione francese hanno cambiato, almeno in un certo senso, anche i valori estetici sui quali i primi poggiavano. Non sarebbe scorretto affermare che da quel momento, gradualmente, la moda e l’abbigliamento divennero più inclusivi.
Come cambia l’abbigliamento
Oltre al cambiamento poc’anzi evidenziato, nel corso del XIX si assiste a una vera e propria trasformazione dell’abbigliamento, sia per quanto riguardo l’uomo che per quanto riguarda la donna. I mutamenti, investendo il mondo dei lavori, avevano a che fare con la praticità.
Non è più il tempo della vita da corte, o da salotto, perché iniziano a farsi strada gli uffici, i negozi, le fabbriche – la seconda metà del secolo segna l’avvio della rivoluzione industriale. C’è dunque bisogno di abiti più semplici, comodi e pratici, adatti a esigenze di varia natura. Questo per quanto riguarda l’uomo.
La donna rimane invece confinata fra le mura domestiche, ma gradualmente cresce l’attenzione verso la componente estetica, che troverà pieno compimento, almeno in relazione alla semplificazione appena citata, sul finire del XIX secolo. L’eleganza dello stile non è più solo raggiunto dalla complessità, ma anche dalla semplicità.
Infine, un accenno ai bambini, che continuano a rimanere delle vere e proprie miniature degli adulti in fatto di abbigliamento. Si cerca di educare i propri figli anche attraverso il modo di vestirsi.